L’uso di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati richiede di comunicare al lavoratore gli aspetti del rapporto coinvolti, gli scopi e le finalità dei sistemi e il loro funzionamento.

L’introduzione e sempre maggior applicazione pratica di tecnologie caratterizzate dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale ha inaugurato una nuova stagione di dibattito in merito alle principali questioni etiche, sociali e giuridiche attorno all’impiego di tali tecnologie e alle relative conseguenze.
A livello comunitario è emersa la necessità di garantire che le nuove tecnologie si sviluppino nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone, per raggiungere finalità che non contrastino con gli interessi della collettività. A tal fine, la Commissione europea ha avanzato la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale varata a Bruxelles il 21 aprile 2021 ed approvata il 14 giugno 2023 (I.A. Act).
Il contesto lavorativo non è immune da tali cambiamenti, basti pensare, ad esempio, ai sistemi utilizzati per la gestione logistica nei magazzini nonché alle piattaforme impiegate dai rider.

L’Artificial Intelligence Act e la direttiva Trasparenza

L’A.I. Act qualifica come “sistemi ad alto rischio”, quei sistemi di intelligenza artificiale utilizzati «nel settore dell’occupazione, nella gestione dei lavoratori e nell’accesso al lavoro autonomo, in particolare per l’assunzione e la selezione delle persone, per l’adozione di decisioni in materia di promozione e cessazione del rapporto di lavoro, nonché per l’assegnazione dei compiti, per il monitoraggio o la valutazione delle persone nei rapporti contrattuali legati al lavoro». Tale classificazione deriva dal fatto che «tali sistemi possono avere un impatto significativo sul futuro di tali persone in termini di future prospettive di carriera e sostentamento».

In relazione al rapido sviluppo nell’ambiente lavorativo di sistemi automatizzati e ai rischi connessi, l’Unione Europea ha altresì sottolineato l’importanza che i lavoratori siano informati in modo completo e tempestivo sulle condizioni essenziali del loro impiego. A tal fine, il legislatore nazionale ha recepito la Direttiva Ue 2019/1152, relativa alla trasparenza e prevedibilità delle condizioni di lavoro. Ciò ha comportato l’obbligo per i datori di lavoro di fornire ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali informazioni riguardanti l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (Art. 1-bis del Dlgs 152/1997, introdotto dal decreto Trasparenza, Dlgs 104/2022). L’obiettivo, come sottolineato nelle premesse e nell’art. 1 della Direttiva UE, è quello di migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile, mantenendo al contempo l’adattabilità del mercato del lavoro alle nuove tecnologie. La specifica informativa è richiesta quando le modalità di esecuzione delle prestazioni dei lavoratori sono organizzate tramite l’uso di sistemi decisionali e/o di monitoraggio automatizzati, che forniscono indicazioni rilevanti riguardanti l’assunzione, il conferimento dell’incarico, la gestione o la cessazione del rapporto di lavoro, l’assegnazione di compiti o mansioni e la sorveglianza, valutazione, prestazioni e adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme e Tributi Plus Lavoro de Il Sole 24 Ore.

 D.L. 4 maggio 2023 n. 48, c.d.  “Decreto Lavoro“, entrato in vigore lo scorso 5 maggio, ha previsto nuove misure volte, tra le altre, a semplificare gli obblighi di informazione sul rapporto di lavoro che erano stati introdotti a carico delle aziende dal c.d. “Decreto Trasparenza” (D. Lgs. n. 104/2022).

A differenza del passato, alcune delle informazioni che il datore di lavoro era tenuto a dettagliare all’interno del contratto di lavoro o, in un’apposita informativa (durata periodo di prova, formazione, ferie e congedi retribuiti, preavviso di licenziamento e dimissioni, elementi retributivi, orario di lavoro, lavoro straordinario, enti previdenziali e assicurativi) potranno essere ora fornite ai lavoratori indicando semplicemente il riferimento normativo o della contrattazione collettiva, anche aziendale, applicata al rapporto di lavoro.  Ai fini della semplificazione, e al fine di garantire uniformità alle comunicazioni fornite dal datore di lavoro, quest’ultimo sarà tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro.      

Lo scorso 4 maggio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 48/2023 (cd. “Decreto Lavoro”) recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”.

Il Decreto ha introdotto importanti novità in materia di diritto del lavoro, previdenza e assistenza sociale, con effetto dal 5 maggio 2023.

Tra le principali novità introdotte in materia di diritto del lavoro vi è la modifica della disciplina delle causali dei contratti di lavoro a tempo determinato, con un rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva.

In particolare, l’individuazione delle condizioni che legittimano l’apposizione al contratto di un termine superiore a 12 mesi e non eccedente i 24, la proroga oltre i 12 mesi o il rinnovo di un contratto a termine, viene rimessa esclusivamente ai casi previsti dai contratti collettivi stipulati dalle associazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale o, in assenza di suddette previsioni e fino al 30 aprile 2024, alle parti individuali, per esigenze di natura tecnica organizzativa e produttiva.

Il Decreto introduce inoltre una semplificazione delle modalità con cui il datore di lavoro è chiamato ad adempiere agli obblighi informativi introdotti dal “Decreto Trasparenza”.

A differenza del passato, alcune delle informazioni che il datore di lavoro era tenuto a dettagliare all’interno del contratto di lavoro o in un’apposita informativa (durata periodo di prova, formazione, ferie e congedi retribuiti, preavviso di licenziamento e dimissioni, elementi retributivi, orario di lavoro, lavoro straordinario, enti previdenziali e assicurativi) potranno essere ora fornite ai lavoratori indicando semplicemente il riferimento normativo o della contrattazione collettiva, anche aziendale, applicata al rapporto di lavoro.  

Ai fini della semplificazione, e al fine di garantire uniformità alle comunicazioni fornite dal datore di lavoro, quest’ultimo sarà tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro. 

Un ulteriore semplificazione viene inoltre prevista anche mediante la restrizione dell’ambito di applicazione degli obblighi informativi previsti in capo al datore di lavoro in caso di utilizzo di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati.

Ulteriori misure introdotte dal Decreto riguardano:

  • la modifica alla disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con particolare riferimento agli obblighi di nomina e agli oneri a cui deve assolvere il medico competente per il rilascio del parere di idoneità, oltre all’introduzione di ulteriori obblighi formativi in capo al datore di lavoro in caso di utilizzo di attrezzature che richiedano conoscenze particolari;
  • la possibilità per le imprese con più di 1000 dipendenti che abbiamo sottoscritto contratti di espansione di gruppo entro il 31 dicembre 2022 e che non siano ancora conclusi, di stipulare un accordo integrativo in sede ministeriale fino al 31 dicembre 2023;
  • la possibilità di richiedere un ulteriore periodo di CIGS, fino al 31 dicembre 2023, in deroga ai limiti di durata massima, per le imprese che, nel 2022, abbiano attivato piano di riorganizzazione e ristrutturazione e che, per la prolungata indisponibilità dei locali aziendali, non siano riuscite a completarli.

Il Decreto ha previsto inoltre una serie di misure in materia di previdenza e assistenza sociale, volte soprattutto a sostenere l’occupazione giovanile, a favorire l’inserimento stabile nel mercato del lavoro dei beneficiari dell’Assegno per l’inclusione e a ridurre il cuneo fiscale.

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Decreto trasparenza: nuovi obblighi per il datore di lavoro  

Lo scorso 24 gennaio 2023, l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (il “Garante”) ha reso note le prime indicazioni interpretative ed operative circa il trattamento dei dati personali dei lavoratori effettuati dai datori di lavoro attraverso l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni (i) rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico; della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro; dell’assegnazione di compiti o mansioni o (ii) incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. A seguito dell’entrata in vigore il d.lgs 104/2022, noto come “Decreto Trasparenza”, infatti, ciascun datore di lavoro che impieghi uno o più degli strumenti sopra citati è tenuto a fornire ai lavoratori interessati una serie di informazioni ulteriori rispetto a quanto già disciplinato dagli articoli 13 e 14 del GDPR (il Regolamento (UE) 2016/679 ). Anche alla luce delle ultime indicazioni del Garante, tutto ciò comporta, per i datori, l’esigenza di effettuare delle analisi dei processi interni alle organizzazioni di riferimento volte ad individuare la presenza di tali sistemi così da elaborare e definire le necessa attività da adottare per garantire la conformità alle normative in materia di diritto del lavoro e di data protection.   

In un’ottica di raccordo con le indicazioni già fornite dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (circolare n. 4 del 10 agosto 2022), il Ministero del Lavoro, con la circolare in commento, è intervenuto a chiarire ed ulteriormente specificare la portata applicativa dei nuovi obblighi informativi introdotti dal Decreto Legislativo n. 104 del 27 giugno 2022 (c.d. “Decreto Trasparenza”).

Come già rilevato dalla circolare INL n. 4/2022, il datore di lavoro è ora tenuto a fornire al lavoratore le informazioni di base riferite ai singoli istituti di cui al nuovo articolo 1 del D.lgs. 152/1997, potendo rinviare per le informazioni di maggior dettaglio al contratto collettivo o ai documenti aziendali che devono essere consegnati o messi a disposizione del lavoratore secondo le prassi aziendali.

Secondo il Ministero, la ratio sottesa alla riforma è quella di ampliare e rafforzare gli obblighi informativi, ma tale operazione di ampliamento e di rafforzamento deve essere calata nella concretezza del rapporto di lavoro, volendo con ciò sottolineare come l’obbligo informativo non possa “ritenersi assolto con l’astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, bensì attraverso la comunicazione di come tali istituti, nel concreto, si atteggiano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro”.

Nel quadro dei nuovi adempimenti richiesti al datore di lavoro in tema di informazione, la circolare si sofferma su alcuni specifici profili, come di seguito riportati.

CONGEDI

Per quanto riguarda le informazioni da fornire in merito alla «durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi», il Ministero ha chiarito che:

  • il datore di lavoro ha l’obbligo di indicare la «durata» del congedo per ferie;
  • per quanto riguarda la nozione di “congedo” rilevano esclusivamente i «congedi retribuiti», per cui non vi è obbligo di comunicazione di quelli per i quali non è prevista la corresponsione della retribuzione;
  • l’obbligo di informazione riguarda solo quelle astensioni espressamente qualificate dal legislatore come «congedo» e così in via esemplificativa e non esaustiva: (i) congedi di maternità e paternità; (ii) congedo parentale; (iii) congedo straordinario per assistenza a persone disabili; (iv) congedo per cure per gli invalidi; (v) congedo per le donne vittime di violenza di genere.

RETRIBUZIONE

In merito all’obbligo di informare il lavoratore circa «l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento», il Ministero ha chiarito che:

  • con tale formulazione ci si riferisce alle componenti della retribuzione di cui sia «oggettivamente possibile la determinazione al momento dell’assunzione»;
  • il datore di lavoro «non potrà indicare l’importo degli elementi variabili della retribuzione», pur essendo tenuto ad indicare al lavoratore in base a quali «criteri» tali elementi variabili saranno riconosciuti e corrisposti;
  • il welfare aziendale o il buono pasto non rientrano ordinariamente nell’assetto retributivo e, dunque, non sono oggetto dell’informativa, a meno che non siano previsti dalla contrattazione collettiva o dalle prassi aziendali come componenti dell’assetto retributivo.

ORARIO DI LAVORO PROGRAMMATO

Il datore di lavoro deve informare su «la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile».

Al riguardo, il Ministero del Lavoro, specifica che:

  • le informazioni devono riguardare, «più che la generale disciplina legale, soprattutto i riferimenti al contratto collettivo nazionale e agli eventuali accordi aziendali» che lo regolano;
  • le informazioni devono essere incentrate sulla «concreta articolazione dell’orario di lavoro» applicata al dipendente, «sulle modalità e sui limiti di espletamento del lavoro straordinario e sulla relativa retribuzione».

ULTERIORI OBBLIGHI INFORMATIVI NEL CASO DI UTILIZZO DI SISTEMI DECISIONALI O DI MONITORAGGIO AUTOMATIZZATI

Come noto, l’articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, inserito dall’articolo 4, lett. b), del Decreto Trasparenza, prevede in capo al datore di lavoro ulteriori obblighi informativi nel caso in cui utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

Con la circolare in commento, il Ministero del Lavoro ha chiarito che, dalla lettura della disposizione possono individuarsi due distinte ipotesi che il decreto ha voluto regolare per gli aspetti informativi, qualora il datore di lavoro utilizzi sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati che siano:

  1. finalizzati a realizzare un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro;
  2. incidenti sulla sorveglianza, sulla valutazione, sulle prestazioni e sull’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Per quanto riguarda l’ipotesi sub a), la circolare individua alcuni casi esemplificativi in cui trovano applicazione gli obblighi informativi di cui all’art. 1 bis, ossia:

  • l’assunzione o conferimento dell’incarico tramite l’utilizzo di chatbots durante il colloquio, la profilazione automatizzata dei candidati, lo screening dei curricula, l’utilizzo di software per il riconoscimento emotivo e test psicoattitudinali, ecc.;
  • la gestione o cessazione del rapporto di lavoro con assegnazione o revoca automatizzata di compiti, mansioni o turni, definizione dell’orario di lavoro, analisi di produttività, determinazione della retribuzione, promozioni, etc., attraverso analisi statistiche, strumenti di data analytics o machine learning, rete neurali, deep-learning, ecc.

Discorso a parte merita, invece, la previsione sub b), riguardante «le indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori». Anche in questa ipotesi, secondo il Ministero, il datore di lavoro ha l’obbligo di informare il lavoratore dell’utilizzo di tali sistemi automatizzati, quali – a puro titolo di esempio: tablet, dispositivi digitali e wearables, gps e geolocalizzatori, sistemi per il riconoscimento facciale, sistemi di rating e ranking, etc.

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Il 29 luglio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022, D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 attuativo della direttiva UE n. 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nel territorio dell’Unione Europea. 

Il decreto integra gli obblighi informativi fino ad oggi previsti dal D.Lgs. n. 152/1997, prevedendo un ampliamento delle informazioni obbligatorie da fornire al lavoratore in fase di assunzione, del novero dei destinatari degli obblighi informativi, nonché specifiche sanzioni in caso di ritardo o inadempimento. 

Nello specifico, il datore dovrà riportare nel contratto di lavoro le informazioni concernenti: la formazione erogata, le ferie, i congedi retribuiti, i termini di preavviso in caso di licenziamento o dimissioni e la relativa procedura, la programmazione dell’orario normale, il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto, gli enti e istituti che ricevono i contribuiti previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso. 

Tali obblighi informativi troveranno applicazione nei confronti dei lavoratori assunti successivamente al 12 agosto 2022, nonché, se richiesto dal lavoratore, anche con riferimento ai rapporti già in corso prima di tale data. 

Le nuove previsioni, si applicano, ove compatibili, anche nell’ambito di: contratti di somministrazione, contratti di prestazione occasionale, rapporti di lavoro domestico, fatte salve specifiche eccezioni, e ai rapporti di lavoro marittimo e della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia. 

In aggiunta a quanto sopra, il decreto prevede poi ulteriori e ancor più dettagliati obblighi informativi per il datore di lavoro che utilizzi sistemi di monitoraggio e decisionali automatizzati, imponendo l’obbligo di informare i lavoratori circa l’utilizzo di suddetti sistemi deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini dell’assunzione o dell’affidamento dell’incarico, della gestione o cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni, nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. 

Considerata la complessità della nuova disposizione l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha emanato due circolari con lo scopo di chiarire alcuni dubbi interpretativi posti in merito all’applicazione della nuova disposizione. 

Con la prima circolare del 10 agosto 2022 l’Ispettorato ha chiarito che la disciplina di dettaglio relativa agli istituti di cui al decreto trasparenza potrà essere comunicata al lavoratore attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato o ad altri documenti aziendali, qualora gli stessi vengano contestualmente consegnati al lavoratore ovvero messi a disposizione secondo le modalità di prassi aziendale.  

Da ultimo, con la circolare n. 19 del 20 settembre 2022 l’Ispettorato ha chiarito che ai fini dell’assolvimento dell’obbligo informativo l’astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa non è sufficiente. Infatti, al lavoratore bisogna esplicitare in modo chiaro come, nel concreto, si atteggiano gli istituti normativi nel rapporto di lavoro, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro. Inoltre, con tale circolare l’Ispettorato ha delimitato gli istituti da ricomprendere nel novero di quelli indicati dal legislatore in modo piuttosto generico. 

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 attuativo della direttiva UE n. 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 29 luglio 2022, dal prossimo 13 agosto, entreranno ufficialmente in vigore le nuove disposizioni previste dal D.Lgs. 27 giugno 2022, n. 104 attuativo della direttiva UE n. 2019/1152 relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nel territorio dell’Unione Europea.

Il decreto integra gli obblighi informativi fino ad oggi previsti dal D.Lgs. n. 152/1997, prevedendo un ampliamento delle informazioni obbligatorie da fornire al lavoratore in fase di assunzione, del novero dei destinatari degli obblighi informativi, nonché specifiche sanzioni in caso di ritardo o inadempimento.

Il provvedimento introduce, inoltre, al Capo III, intitolato “Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”, importanti novità in materia di periodo di prova, cumulabilità di impieghi, prevedibilità minima del lavoro, formazione obbligatoria e di transizione a forme di lavoro più prevedibili, stabili e sicure.

Il Capo IV, individua, infine, le misure di tutela per il lavoratore, in caso di violazioni dei nuovi obblighi introdotti dalla normativa in commento.

Finalità e ambito di applicazione

Il decreto è finalizzato, almeno in parte, a disciplinare il diritto all’informazione sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro e sulle condizioni di lavoro, con l’introduzione di nuovi obblighi informativi a carico del datore di lavoro che troveranno applicazione nei confronti dei nuovi assunti successivamente al 1° agosto 2022, nonché, se richiesto dal lavoratore, anche con riferimento ai rapporti già in corso prima di tale data.

Destinatari dei nuovi obblighi informativi sono i datori di lavoro nell’ambito di: contratti di lavoro subordinato (a tempo indeterminato o determinato; a tempo pieno o part-time o intermittente), contratti di somministrazione, contratti di prestazione occasionale. Inoltre, tali obblighi risultano estesi anche ai rapporti di lavoro domestico, fatte salve specifiche eccezioni, e ai rapporti di lavoro marittimo e della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia.

Ulteriori obbligati a fornire le informazioni sugli elementi essenziali del rapporto di lavoro sono anche i committenti che stipulano contratti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c. e contratti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.

Il decreto si applica altresì ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici.

Un decreto, quindi, con un ambito di applicazione molto ampio, da cui esulano poche tipologie contrattuali. Restano, infatti, esclusi i rapporti di lavoro autonomo, i contratti che prevedano un tempo di lavoro pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in quattro settimane consecutive, i rapporti di agenzia, i rapporti di lavoro prestati nell’impresa familiare e determinati rapporti speciali di lavoro pubblico.

Informazioni obbligatorie sul rapporto di lavoro e modalità di comunicazione

Il decreto, come detto, amplia il novero delle informazioni obbligatorie che i datori di lavoro sono chiamati a fornire ai lavoratori.

Oltre alle informazioni tipiche del rapporto di lavoro (identità delle parti, luogo di lavoro, inquadramento, livello e qualifica del lavoratore, data di inizio ed eventuale termine del rapporto di lavoro), il datore di lavoro dovrà fornire, senza possibilità di rimandare alla legge o alla contrattazione collettiva applicata, tutta una serie di ulteriori informazioni tra cui:

– in caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione, l’identità delle imprese utilizzatrici, non appena nota;

– la durata del periodo di prova, se previsto;

– il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;

– la durata del congedo per ferie e degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore;

– la procedura, forma e termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;

– l’importo iniziale della retribuzione o il compenso e i relativi elementi costitutivi, con indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;

– la programmazione dell’orario normale di lavoro ed eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché eventuali condizioni per il cambio di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;

– il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;

– gli enti e istituti che ricevono i contribuiti previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili o non preveda un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro dovrà, inoltre, informare il lavoratore circa:

– la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minino delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;

– le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;

– il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico.

Le informazioni di cui sopra, devono essere fornite per iscritto dal datore di lavoro mediante la consegna al lavoratore, all’atto di instaurazione del rapporto e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, del contratto di lavoro oppure della copia di comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro. In alternativa, il datore di lavoro potrà fornire al lavoratore una informativa separata contenente le informazioni di cui sopra, entro 7 giorni dall’inizio del rapporto. Le informazioni sono altresì conservate e rese accessibili in qualsiasi momento su richiesta del lavoratore.

In deroga a quanto sopra e solo per alcune informazioni (es: durata del congedo per ferie e degli altri congedi retribuiti, diritto alla formazione, ove previsto, procedura, forma e termini del preavviso, indicazione del contratto collettivo, anche aziendale se del caso, e degli istituti previdenziali e assicurativi che ricevono i contributi versati) è prevista la possibilità per il datore di lavoro di provvedere entro i 30 giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa.

In caso di estinzione del rapporto di lavoro prima della scadenza del termine di un mese dalla data dell’instaurazione, al lavoratore deve essere consegnata, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente le informazioni, ove tale obbligo non sia stato già adempiuto.

Gli obblighi informativi si applicano, su richiesta scritta del lavoratore, anche ai rapporti di lavoro già in corso alla data del 1° agosto, e, in tal caso, il datore di lavoro o il committente, sono tenuti ad adempiere agli obblighi informativi previsti dal decreto, entro 60 giorni dalla richiesta.

Ulteriori obblighi informativi in caso di utilizzo di sistemi di monitoraggio e decisionali automatizzati

Il decreto prevede poi ulteriori e ancor più dettagliati obblighi informativi per il datore di lavoro che utilizzi sistemi di monitoraggio e decisionali automatizzati, imponendo l’obbligo di informare i lavoratori circa l’utilizzo di suddetti sistemi deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini dell’assunzione o dell’affidamento dell’incarico, della gestione o cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni, nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Sempre prima dell’inizio del rapporto, unitamente alle informazioni di cui sopra, il datore di lavoro dovrà fornire, ulteriori informazioni, riguardo a:

– gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei sistemi;

– gli scopi e le finalità dei sistemi;

– la logica e il funzionamento dei sistemi;

– le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;

– le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;

– il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.

Il datore di lavoro è inoltre tenuto ad integrare le informazioni di cui sopra fornendo al lavoratore le istruzioni in merito alla sicurezza dei dati e l’aggiornamento del registro dei trattamenti riguardanti le attività decisionali e di monitoraggio automatizzati. Al fine di verificare che gli strumenti utilizzati siano conformi al GDPR, il datore di lavoro/committente dovrà effettuare un’analisi dei rischi ed una valutazione d’impatto degli stessi trattamenti, procedendo in taluni casi ad una consultazione preventiva del Garante per la privacy.

Inoltre, è previsto che il datore di lavoro debba informare il lavoratore, con 24 ore di anticipo, su ogni modifica incidente sulle informazioni di cui sopra, che comportino variazioni delle condizioni di svolgimento del lavoro.

Le informazioni di cui sopra dovranno essere inviate anche alle RSA o RSU eventualmente costituite in azienda o, in mancanza, le sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Obblighi informativi in caso di distacco all’estero

Specifici obblighi informativi sono, infine, previsti in caso di distacco all’estero del lavoratore in uno Stato membro UE o terzo, nell’ambito di una prestazione transnazionale di servizi.

Le informazioni da fornire, prima della partenza, riguardano:

– il paese o paesi dove deve essere svolto il rapporto e la durata prevista;

– la valuta in cui verrà corrisposta la retribuzione;

– le eventuali prestazioni ulteriori in denaro o natura;

– le condizioni disciplinano il rimpatrio, se previsto;

– la retribuzione cui ha diritto il lavoratore conformemente al diritto applicabile dallo Stato membro;

– le eventuali indennità specifiche per il distacco e le modalità di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio;

– l’indirizzo del sito internet istituzionale dello Stato membro ospitante in cui sono pubblicate le informazioni sul distacco.

Modifica degli elementi del contratto dopo l’assunzione

Infine, il datore di lavoro e il committente sono tenuti ad informare il lavoratore di ogni modifica degli elementi del contratto, entro il giorno precedente alla decorrenza delle modifiche. Tale obbligo non sussiste, tuttavia, per tutte quelle variazioni che derivino direttamente dalla modifica di disposizioni legislative o regolamentari o delle clausole del contratto collettivo applicato.

Sanzioni

Il mancato, ritardato, incompleto o inesatto assolvimento degli obblighi informativi comporta, previa denuncia del lavoratore ed accertamento ispettivo, l’applicazione di una sanzione amministrativa che varia da un minimo di euro 250 ad un massimo di euro 1.500 per ciascun lavoratore interessato.

Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro

Il capo III del decreto introduce, inoltre, importanti novità su alcuni istituti del diritto del lavoro tra cui: (i) periodo di prova, (ii) esclusiva del rapporto di lavoro, (iii) prevedibilità minima del lavoro, (iv) transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili; (v) formazione obbligatoria.

Periodo di prova

Il decreto stabilisce che, ove previsto, la durata massima del periodo di prova non può eccedere i 6 mesi, salva la durata inferiore prevista dai contratti collettivi.

Viene introdotto un concetto di proporzionalità del periodo di prova nel caso in cui il contratto sia a tempo determinato, stabilendo che la durata del periodo di prova debba stabilita in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego.

Viene inoltre specificato che, in caso di rinnovo di un contratto a termine per lo svolgimento delle medesime mansioni, il rapporto di lavoro non possa essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.

Viene precisato, infine, che in presenza di eventi che interrompono il rapporto – in particolare, malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori – il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.

Cumulo di impieghi

L’art. 8 del decreto, introduce importanti novità in merito al cumulo di impieghi, e cioè alla meglio nota “clausola di esclusiva” con la quale il datore di lavoro vieta al dipendente di svolgere una diversa attività professionale.

In particolare, viene previsto che, fatto salvo l’obbligo per il lavoratore di non svolgere attività in concorrenza con quella del datore di lavoro, quest’ultimo potrà vietare lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, solo qualora sussista una delle seguenti condizioni:

– un pregiudizio per la salute e sicurezza del lavoratore (ivi compreso il rispetto della normativa in materia di orario di lavoro);

– la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;

– la sussistenza di un conflitto di interessi tra l’attività ulteriore e quella principale, pur in assenza di violazione del dovere di fedeltà.

Le stesse regole trovano applicazione anche nei confronti dei committenti nell’ambito di contratti di collaborazione coordinata e continuativa ex art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c. di contratti di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente ex art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 81/2015.

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Il decreto legislativo 104/2022, attuativo della direttiva europea sulla trasparenza 2019/1152, pubblicato sulla «Gazzetta ufficiale » 176 del 29 luglio e in vigore dal 13 agosto, individua al Capo III le prescrizioni minime che devono avere le condizioni di lavoro. La prima disposizione si riferisce alla durata massima del periodo di prova (articolo 7) che rafforza alcuni principi giurisprudenziali già formatisi sul tema. In particolare, il periodo di prova non può avere una durata superiore a sei mesi a meno che il contratto collettivo applicato al rapporto non preveda una durata inferiore. In caso di contratto a tempo determinato, il periodo di prova deve essere proporzionato alla durata del contratto, e alle mansioni assegnate in ragione della natura dell’impiego. Inoltre, in caso di rinnovo del contratto per svolgere le stesse mansioni, non può essere apposto un nuovo patto di prova.

Infine, nelle ipotesi di eventi sospensivi (quali malattia, infortunio e congedi obbligatori) la durata del periodo di prova è sospesa ed è prolungata in misura corrispondente all’assenza del lavoratore.

Una importante novità è definita dal decreto con riferimento al cumulo di impieghi (articolo 8) e cioè alla meglio nota «clausola di esclusiva» con la quale il datore di lavoro vieta al dipendente di svolgere una diversa attività professionale. Il decreto, infatti, per la prima volta prescrive il divieto per il datore di lavoro (e per il committente) di impedire al lavoratore di svolgere un’altra attività al di fuori dell’orario di lavoro concordato né di riservagli, per tale ragione, un trattamento sfavorevole. Fanno eccezione le ipotesi in cui l’eventuale seconda occupazione rechi pregiudizio alla salute e alla sicurezza del lavoratore (compreso il rispetto della normativa sui riposi), o non garantisca l’integrità del servizio pubblico, o ancora sia in conflitto d’interessi con l’attività principale (pur non violando il dovere di fedeltà).

Un’altra novità riguarda la prevedibilità minima del lavoro (articolo 9). È previsto che il datore di lavoro non possa imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa se l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale non sono predeterminati; per l’effetto, è riconosciuto il diritto per il lavoratore di rifiutarsi di svolgere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio, anche di natura disciplinare.

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