Il Ministero del Lavoro, con la circolare del 18 marzo 2022, ha fornito le indicazioni operative relative alle modifiche apportate dal Decreto-Legge del 27 gennaio 2022, n. 4 (di seguito, Decreto sostegni ter) alla normativa in materia di integrazioni salariali disciplinata dal D.lgs. n. 148/2015.
Il Ministero si è, in particolare, soffermato sulle seguenti tematiche:
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Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 6/2022, ha fornito alcune indicazioni operative relative all’introduzione delle novità apportate dal Decreto-legge. n. 4 del 27 gennaio 2022 (c.d. Decreto Sostegni ter), per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale da riconoscere ai lavoratori in costanza di rapporto di lavoro.
In ordine alla cassa integrazione per cessazione di attività, il Ministero ha chiarito che le aziende che esauriscono nel 2022 il relativo periodo, possono sottoscrivere un accordo di transizione per accedere a ulteriori 12 mesi di cassa. E, durante tale periodo, l’impresa deve impegnarsi a gestire gli esuberi residui con azioni di politica attiva.
Il Ministero si occupa, altresì, della possibilità introdotta dalla Legge di bilancio 2022, per le aziende che possono accedere alla CIGS, di utilizzare la causale di “riorganizzazione” finalizzata anche a realizzare “processi di transizione”. Ai sensi della normativa, l’impresa deve predisporre un programma che, a seconda delle situazioni, può essere condiviso anche con le Regioni interessate o con il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise). In tale programma devono essere illustrati gli investimenti (senza vincoli quantitativi) posti in essere per la realizzazione del processo di transizione, indicando puntualmente le misure specifiche per l’aggiornamento tecnologico e digitale o per il rinnovamento e la sostenibilità ecologica ed energetica o le straordinarie misure di sicurezza.
Sul punto il Ministero ha chiarito che i piani di riorganizzazione aziendale devono essere corredati da interventi articolati per fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e azioni dirette a trasformazioni e transizioni aziendali digitali, tecnologiche, ecologiche ed energetiche.
L’accordo di transizione, specifica il Ministero, è rivolto a favorire le transizioni occupazionali ed è, pertanto, destinato prevalentemente a quei lavoratori che, in seguito alle azioni di un programma aziendale di riorganizzazione o risanamento già concluso da parte dell’impresa da cui dipendono, restino non riassorbibili e, quindi, a rischio esubero.
Tuttavia, l’impresa richiedente la misura non deve trovarsi nella condizione di poter accedere a ulteriori periodi di interventi straordinari all’interno del quinquennio mobile non ancora esaurito. Per ottenere il sostegno al reddito l’azienda deve (i) attivare la consultazione sindacale, indicando i lavoratori a rischio esubero cui è rivolta la misura e (ii) definire con la Regione le azioni di formazione e riqualificazione per la rioccupazione e l’autoimpiego dei lavoratori. Il personale interessato dall’accordo accede a un percorso di «ricollocazione collettiva» che sarà oggetto di chiarimento da parte di Anpal.
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La pandemia ha spinto il legislatore a individuare strumenti che possano aiutare imprese e lavoratori a superare al meglio la crisi contingente e che accompagnino le aziende nella transizione verso un nuovo sistema produttivo.
In tale contesto, il legislatore, rispondendo alle sollecitazioni da tempo provenienti dalle parti sociali, ha attuato la riforma degli ammortizzatori sociali, intervenendo sulle disomogeneità esistenti, con l’obiettivo di realizzare una universalizzazione e razionalizzazione degli stessi, al fine di governare le instabilità del mercato del lavoro e supportare le transizioni occupazionali. Tra gli obiettivi si segnala l’ampliamento della platea sia dei lavoratori, sia delle aziende che possono beneficiare dell’integrazione salariale. È stato inoltre rafforzato il collegamento tra erogazione dei trattamenti di integrazione salariale, formazione professionale e politiche attive.
Uno degli istituti maggiormente interessati dal riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali è la cassa integrazione straordinaria, attraverso il significativo ampliamento della platea dei datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione del trattamento, nonché tramite l’introduzione di una nuova causale.
Nell’ambito della “riorganizzazione aziendale” viene, infatti, ricompresa la realizzazione di “processi di transizione”, il cui recupero occupazionale può ora realizzarsi anche tramite la riqualificazione professionale dei lavoratori e il potenziamento delle loro competenze.
Allo scopo di fronteggiare particolari situazioni di criticità sul fronte occupazionale, è stato inoltre introdotto l’accordo di transizione occupazionale, con cui, ai datori di lavoro che occupano più di 15i dipendenti, può essere concesso un
ulteriore intervento di integrazione salariale finalizzato al recupero occupazionale, per un periodo di 12 mesi. A tal fine, in sede di consultazione sindacale, le parti saranno tenute a definire le azioni volte alla rioccupazione, quali formazione e riqualificazione professionale, anche attraverso il ricorso ai fondi interprofessionali per la formazione continua.
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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 3 del 3 gennaio 2022, ha fornito le prime indicazioni operative in materia di integrazioni salariali in costanza di rapporto di lavoro alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2022 (Legge n. 234/2021).
Come evidenziato in più circostanze, gli interventi innovativi previsti dal legislatore sono finalizzati a costruire un modello di welfare più inclusivo, prevedendo l’integrazione tra efficaci politiche attive del lavoro e ammortizzatori sociali orientati al sostegno di politiche industriali mirate.
Le nuove disposizioni, applicate ai trattamenti decorrenti dal 1° gennaio 2022, prevedono quanto segue:
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L’ultimo anno ha visto l’introduzione di strumenti di sostegno al reddito straordinari sia dal punto di vista delle risorse finanziarie stanziate, sia per tipologia e modalità di fruizione degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto. Lo strumento normativo utilizzato è stato – con l’unica eccezione della legge di Bilancio – quello del decreto legge. Ne sono stati approvati ben sette – con altrettante leggi di conversione – in pochi mesi, mettendo a dura prova gli interpreti e rendendo impossibile per le aziende programmare le proprie azioni.
Nel variegato contesto normativo pandemico, ci sono state nelle decisioni governative alcune costanti. Tra queste, per esempio, la fruizione della cassa integrazione Covid per periodi temporalmente prestabiliti; così come la procedura sindacale semplificata per la cassa integrazione guadagni ordinaria Covid, il Fondo d’integrazione salariale e la garanzia della cassa integrazione in deroga per le realtà aziendali che altrimenti sarebbero rimaste prive di strumenti di sostegno.
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Dall’inizio di febbraio 2020, le autorità pubbliche italiane – per contenere il rischio di contagio e mitigare gli effetti economici e sociali della pandemia – hanno introdotto diverse disposizioni emergenziali garantendo un sostegno finanziario alle famiglie, alle imprese e ai lavoratori.
Inoltre, a seguito dell’emergenza in corso, il Governo italiano continua a rinviare l’efficacia di alcune misure di emergenza e ne introduce di nuove in quanto lo stato di emergenza epidemiologica, ad oggi, scade il 31 gennaio 2021.
Tutte le aziende stanno attraversando un momento critico in quanto devono garantire un adeguato livello di sicurezza nell’ambito delle nuove disposizione introdotte, tra cui si annoverano:
Il Governo italiano ha introdotto nuove procedure per l’ottenimento degli ammortizzatori sociali per far fronte alla sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nell’ambito della crisi economica causata dalla Covid-19. In particolare, a partire dal mese di febbraio 2020, il Governo italiano ha introdotto nuovi criteri per la concessione dei seguenti ammortizzatori sociali:
Fermo restando l’osservanza dei principi generali di correttezza e buona fede, non sono previste particolari restrizioni circa i criteri per l’individuazione dei dipendenti da collocare in cassa integrazione. Sul punto, si segnala che solo il personale dirigente non può accedere agli ammortizzatori sociali.
Ai fini dell’individuazione dell’ammortizzatore sociale, le aziende faranno riferimento alle regole generali che tengono conto del numero di dipendenti e della categoria merceologica. In termini generali, la CIGO è concessa alle imprese industriali, mentre il FIS è concesso alle imprese commerciali che occupano tra 5 e 50 dipendenti. L’altro ammortizzatore – CIGD – è concesso alle imprese che non hanno accesso agli altri ammortizzatori sociali.
Per quanto riguarda la durata, il governo ha prolungato la durata degli ammortizzatori sociali più volte nel corso dell’anno. Ad oggi, la durata è la seguente:
Per poter accedere agli ammortizzatori le imprese devono avviare una procedura di consultazione sindacale semplificata che prevede l’invio di un’informativa alle parti sindacali firmatarie del contratto collettivo di lavoro applicato nell’ambito della quale si indicano le ragioni e la misura dell’intervento richiesto. Le organizzazioni sindacali possono richiedere, entro tre giorni, un incontro che può essere svolto anche in modalità telematica.
Le domande di accesso ai regimi di integrazioni salariali CIGO e FIS devono essere inviate all’INPS, mentre le domande di CIGD sono presentate a livello regionale, a seconda della sede del datore di lavoro.
L’indennità corrisposta ai dipendenti ammonta all’80% della retribuzione ordinaria e non può eccedere determinate soglie (l’indennità massima è pari a circa 1.200 euro lordi al mese).
Per quanto riguarda la CIGO e la FIS il datore di lavoro può decidere (di solito nell’ambito della procedura di consultazione) di anticipare il trattamento di integrazione salariale in favore dei lavoratori interessati. Mentre, per quanto riguarda la CIGD la stessa viene corrisposta direttamente dall’INPS al dipendente.
Per le imprese che non fanno ricorso agli ammortizzatori sociali (ad eccezione di quelle appartenenti al settore agricolo), il Governo italiano ha introdotte l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, fatta eccezione per i premi e i contributi all’INAIL.
Ai sensi dell’articolo 3 del decreto legge n. 104/2020 (c.d. “Decreto Agosto”) le imprese che non hanno presentato domanda per le 18 settimane di cassa integrazione ma che hanno già beneficiato degli ammortizzatori sociali Covid-19 a maggio e giugno 2020 possono richiedere l’esenzione dal versamento dei contributi previdenziali, per un massimo di 4 mesi, fino al 31 dicembre 2020. L’esenzione è consentita anche ai datori di lavoro che hanno richiesto periodi di integrazione salariale ai sensi del Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 nei periodi successivi al 12 luglio 2020.
L’importo dell’esenzione non può superare il doppio delle ore di cassa integrazione salariale usufruite nei mesi di maggio e giugno 2020.
Inoltre, un ulteriore sgravio contributivo è concesso (per un periodo massimo di 6 mesi dall’assunzione) in favore dei datori di lavoro che assumono dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Il limite massimo di esenzione è pari a circa 8.000 euro su base annua. Tale esenzione sarà consentita anche in caso di trasformazione del contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Infine, ai sensi dell’art. 12 del Decreto Legge n. 137/2020 (c.d. “Decreto Ristori”) i datori di lavoro non agricoli che non fanno richiesta delle 6 settimane di cui al Decreto Ristori (ovvero le 6 settimane aggiuntive descritte nel paragrafo precedente) possono beneficiare dell’esenzione contributive per un ulteriore periodo di 4 settimane, utilizzabile entro il 31 gennaio 2021 nei limiti delle ore di integrazione salariale già percepite dalle aziende nel giugno 2020.
Fino al dicembre 2020, è possibile prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato anche in assenza delle causali di cui all’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo n. 81/2015. Le proroghe o i rinnovi devono essere effettuati entro e non oltre il 31 dicembre 2020, ma la scadenza di tali contratti può essere successiva a tale data. La durata massima complessiva del contratto a tempo determinato rimane di 24 mesi come previsto dall’art. 19 del D.Lgs. n. 81/2015.
Nell’ambito dell’attuale emergenza il Governo ha introdotto il divieto di comminare licenziamenti ai sensi dell’articolo 3 della legge n. 604/1966 e di avviare procedure di licenziamento collettivo ai sensi della legge n. 223/1991, salvo le seguenti ipotesi:
Nella fase di emergenza è stata introdotta una modalità semplificata per avviare il lavoro agile. Infatti, fino alla fine dello stato di emergenza epidemiologica, il lavoro agile può essere attivato anche in assenza di accordi individuali.
Di conseguenza, una volta terminato lo stato di emergenza, il lavoro agile dovrà essere regolamentato nell’ambito della normativa ordinaria di cui al D.Lgs. n. 81/2017.
Nell’ambito dell’emergenza il ricorso al lavoro agile è risultato notevole anche al fine di limitare la diffusione del virus e garantire la continuità aziendale. Tuttavia, al termine del periodo emergenziale, è auspicabile che il lavoro agile recuperi lo spirito originario di accrescere la competitività delle imprese e al contempo ricercare un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata.
Infine, anche se è possibile attivare il lavoro agile nella modalità semplificata e, quindi, senza l’accordo individuale con il dipendente, è consigliabile sottoscrivere l’accordo individuale disciplinando, ad esempio: (i) il potere di controllo del datore di lavoro, (ii) alcuni profili relativi all’utilizzo di strumenti informatici che hanno evidenti implicazioni sul trattamento dei dati, (iii) il cosiddetto diritto alla disconnessione.
Fonte: Invest in Tuscany
Tornano in modalità webinar i nostri HR Breakfast.
Giovedì 19 novembre, De Luca & Partners e HR Capital hanno organizzato l’HR Virtual Breakfast con un focus tecnico e normativo sulle ultime novità al lavoro.
La nostra Senior Associate, Alessandra Zilla e il Consulente del Lavoro Nunzio Lena di HR Capital hanno fatto il punto sui recenti decreti emergenziali con la moderazione del nostro Managing Partner, Vittorio De Luca.
L’evento si è tenuto dalle h 9.00 alle h 10.00 tramite la piattaforma Zoom.
AGENDA:
La partecipazione è gratuita previa registrazione.
Info a: events@delucapartners.it
Il 19 maggio 2020 è stato pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 128, il Decreto Legge 19 maggio 2020 n. 34 rubricato “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” (cd. “Decreto Rilancio”). Il Decreto Rilancio apporta modifiche e integrazioni ad alcune previsioni contenute nella Legge di Conversione del Decreto Cura Italia (Legge 24 aprile 2020, n. 27), soprattutto in materia di ammortizzatori sociali conservativi, tra i quali la Cassa Integrazione Ordinaria (“CIGO”) e assegno ordinario (“FIS”) per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID19. Tra le modifiche più rilevanti si annovera la reintroduzione dell’obbligatorietà della procedura di preventiva informazione, consultazione ed esame congiunto con le Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Procedura questa che può essere svolta “anche in via telematica, entro i tre giorni successivi a quello della comunicazione preventiva “. Il medesimo obbligo era stato inizialmente previsto dal “Decreto Cura Italia”, poi successivamente soppresso dalla Legge di Conversione. Non è stata, invece, introdotta alcuna modifica all’mpianto previsto dal Decreto CuraIitalia per le aziende che hanno più di 5 dipendenti e che vogliono accedere alla Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, sempre con causale COVID-19. Queste hanno l’obbligo di sottoscrivere un accordo con le Organizzazioni Sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, da effettuarsi anche in modalità telematica.